Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Dolce, Lodovico
Titolo
Lettera a Giovanni Grimani
Data
Padova, [1544]
Descrizione
[La lettera risale all'estate 1544, essendo morto in quel luglio il fratello di Grimani]. Lodovico Dolce scrive al vescovo Giovanni Grimani riguardo la morte del "grande et Illustre fratello" [Marco Grimani, morto a Roma nel luglio 1544], asserendo che nessuno può restare con gli occhi asciutti per questa perdita per l'intera cristianità. Nessuno al mondo era più amorevole, più giusto e religioso di lui, né così dedito ai bisogni della chiesa e a piacere a Dio; sembrava che la provvidenza divina l'avesse eletto a unico pastore del gregge cristiano. Lasciò quindi la patria e l'incarico di procuratore di San Marco per viaggiare per il mondo, salvando e guidando vite che avevano bisogno di lui; una vita "santa et sincerissima". Fu poi eletto Patriarca d'Aquileia [1529], dove per molto tempo fece un ottimo lavoro di Pastore; quando venne il momento papa Paolo III lo nominò capitano della flotta papale [1538] contro gli infedeli, per le sue ottime qualità, e dimostrò grandezza d'animo e valore guerriero, nonché un intelletto sopraffino, che gli valsero altri incarichi papali importanti. Uno degli ultimi fu l'incarico di legato in Scoccia [Scozia, marzo 1543-marzo 1544], tornato dal quale non passò molto tempo prima che Dio abbia voluto far finire i suoi giorni. Tutte queste imprese, più altre che Dolce non nomina, ma degne solamente di intelletto sovrumano, non erano maggiori della speranza che suscitava in chi incontrava; la perdita è grande e il dolore giusto, soprattutto perché è scomparso quando invece meritava un po' di riposo. Il dolore di chicchessia, però, non può certo essere paragonabile a quello di Grimani, il quale ha perso un fratello così mirabile; Grimani è sempre protetto dal suo "scudo di costantia et di fortezza" contro il caso, ma ora deve, con pazienza, resistere a questo durissimo colpo, dato che la nostra vita è un continuo correre verso la morte [cita un passo di Dante Alighieri, Purgatorio, XXXIII 54]. È Dio che ci presta la vita, e quando la riprende non possiamo lamentarci, o passeremmo per ingrati; Grimani sa che la vita altro non è che un continuo e penoso peregrinare all'ombra della morte, e che la nostra vera casa è il regno dei cieli, dove Dio conduce tutti, per strade diverse e in tempi diversi. Dolce afferma quindi che non bisogna essere tristi quando qualcuno ascende al cielo, così Grimani non deve dolersi troppo della perdita del fratello, anche se quest'ultimo era vicino al cardinalato e a "pervenire alla maggiore altezza"; quello che ha guadagnato è maggiore di quello che ha lasciato, e il cielo è la dignità migliore per le sue fatiche. Dolce aggiunge che se anche ora la casa di Grimani è privata di una luce come quella del fratello, Grimani stesso deve solo guardarsi intorno per vederne risplendere altre, quindi non deve rammaricarsi se Dio ha voluto prenderne una. Dolce non vuole scrivere altro, e quello che ha scritto finora non lo ha scritto per consolare Grimani, perché ha un animo ben protetto dagli scossoni, ma perché prova affetto per la famiglia Grimani, della quale si professa servitore, e alla quale si raccomanda "humilmente".
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=12113
Nomi
  • [Mittente] Dolce, Lodovico
  • [Destinatario] Grimani, Giovanni

Data indicizzazione: 11 giugno 2024