Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Loredan, Giovan Francesco
Titolo
Lettera a Egidio Testa
Data
Venezia, [s. d.]
Descrizione
Con la lettera, indirizzata a Egidio Testa, Loredan intende illustrare come dovrebbe essere l'impresa dell’ Accademia dei Sollevati [portava per impresa “due ale” con il motto “Geminis attollimur”. La sua fondazione è da attribuire allo stesso Loredan o ad un altro membro della sua famiglia. Cfr. Michele Maylender, 'Storia delle Accademie d'Italia', Bologna, Cappelli Editore, 1926-1930, vol. 5 e Michele Battaglia, ‘Delle Accademie Veneziane dissertazione storica’, Venezia, Giuseppe Orlandelli, 1826, p. 43] e fornirne una spiegazione che ne metta in luce il legame con l’essenza stessa delle riunioni accademiche. Platone, abituato a trattare in “fintil guisa” i problemi filosofici, adoperando “fintioni” e metafore, [attraverso il mito del carro e dell’auriga, contenuto] nel 'Fedro' paragonò l’anima ad una biga alata condotta da un “Chocchiere” e trainata da “due Cavalli” e le attribuì due ali, che le permettessero di salire al Cielo e partecipare della “divina felicità” [cioè di pervenire alla contemplazione dell’Iperuranio]. Ma [a causa del cavallo che rappresenta la parte concupiscibile dell’anima, che tira verso il basso,] accade talvolta che le anime [, incapaci di salire verso la loro meta, si ammassino, scontrandosi e spezzandosi le ali, e che] ne perdano l’uso, precipitando così “nel fango della terra” e “nella viltà della materia”. Fu [Marsilio] Ficino, nel “Comento” [‘Comentarium in Convivium Platonis de amore’] e "nel principio dei suoi libri De Christiana Religione” a togliere “il velo della favola” e a svelare cosa Platone intendesse “con simil trovata”: le due ali rappresentano, rispettivamente, l’intelletto e la volontà, le due “potenze” che elevano l’anima, l’una mediante la “speculatione” che conduce “alla cognition del vero”, l’altra mediante “le ationi virtuose” che portano “al conseguimento del buono” [si confronti con quanto scrive Ficino: “[Plato in Phedro] Alas animo tribuit, per quas in sublime feratur, quarum alteram putamus esse indagationem illam qua mens assidue ad veritatem adnitutur, alteram boni desiderium, quo nostra volutas semper afficitur”. Cfr. Marsilio Ficino, ‘Comentarium in Convivium Platonis de amore’, oratio septima, caput XIV]. A qualcosa di simile, forse, pensava anche “il nostro Petrarca” quando faceva dire ad Amore [intento a difendersi dalle accuse di crudeltà che il poeta gli aveva rivolto] di aver dotato il poeta di ali perché si potesse innalzare fino a Dio: “Da volar sopra ’l Ciel gli haveva dat’ali/ Per le cose mortali,/ Che son scala al fattor chi ben l’istima” protesta amore [Cfr. Francesco Petrarca, ‘Rerum vulgarium fragmenta’, 360, ‘Quell’antico mio dolce empio signore’, vv. 137-139]. Lo stesso Aristotele, “nel fin del primo, et nel principio del secondo delli Morali” [a quale degli scritti etici di Aristotele si riferisca qui il Loredan non è chiaro], riteneva che l’anima intellettiva [razionale] fosse divisa in due parti, di cui una è la facoltà “intellettiva” o “speculativo intelletto” e l’altra la facoltà “morale” o intelletto “pratico”. Il “vero” e il “buono” sono i fini rispettivamente dell’una e dell’altra parte: “speculando” e “operando” l’uomo può dunque conseguire la felicità. Al “bene” e al “vero” aspirano anche i “Signori” che partecipano alle “Ragunanze Accademiche”: questi sodalizi hanno infatti il fine di “arricchire gli animi” indirizzandoli da una parte “alla cognition delle cose Divine, et humane”, alla speculazione e “all’acquisto delle dottrine”, e dall’altra al possesso del “vero bene” e alle “virtuose operationi”. Gli accademici si servono cioè [delle ali] dell’intelletto e della volontà per elevare la propria anima. Alla luce di queste considerazioni Loredan ritiene che non sia “cosa in tutto fuori di proposito di prender per corpo della Impresa Accademica due ali”, quelle “delle quali favellò Platone”, e di affiancarle a un motto come “Geminis mens evolat” o, “se la voce mens facesse fastidio a gli scrupolosi”, “Geminis attollimur” o “His attolimur”. Tra queste opzioni egli preferisce la prima, perché “specifica la qualità delle ali”. Il corpo dell’impresa [il disegno delle ali] verrebbe così “specificato dal motto”: una simile scelta renderebbe l’impresa nel suo complesso non “del tutto volgare, né priva di erudizione” e di quel significato “simbolico” o metaforico che “nelle imprese si desidera”. Non sarà difficile, per "chi è nelle lettere versato", comprendere la natura del legame tra il disegno dell'impresa e il motto. Il nome degli Accademici dovrebbe essere quello di “Sollevati”. Con le proposte contenute nella missiva il Loredan non intende in alcun modo gareggiare con i “sublimi ingegni” impegnati nella ricerca di un’impresa [per l’Accademia dei Sollevati].
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=12015
Nomi
  • [Mittente] Loredan, Giovan Francesco
  • [Destinatario] Testa, Egidio

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021