Scheda risorsa
Sito web
Archilet
Tipo risorsa
Lettera
Autore
Loredan, Giovan Francesco
Titolo
Lettera a Ottaviano Valier
Data
Venezia, [s. d.]
Descrizione
Loredan scrive a Ottaviano Valier [Zio di sua moglie, Laura di Giovanni Valier, che sposò a Venezia l'8 giugno 1638] dei veri e propri trattati storici in forma epistolare sui Re di Portogallo. Egli possiede nei confronti del destinatario stima e desiderio di eseguirne i comandi; con modestia Loredan spera di far gradire, nella sua piccola opera, la grandezza del suo animo. Egli narrerà le vite dei Re di Portogallo, da Alfonso I [Alfonso Henriques di Borgogna, detto il Conquistatore, che regnò dal 1139 al 1185] fino a Giovanni Duca di Braganza, "che al presente regna" [Giovanni IV di Portogallo detto il Fortunato, in carica dal 1640 al 1656; è quindi possibile datare grossolanamente questa sezione di lettere in un torno di 13 anni, dall'incoronazione del sovrano portoghese, alla pubblicazione dell'edizione delle stesse, nel 1653]. Prima di procedere il Loredan premette di dedicare diverse giornate alla stesura, senza che le sue occupazioni lo distraggano se non per qualche momento; spera in 20 lettere [saranno 7] di soddisfare la curiosità del destinatario e gli obblighi nei suoi confronti, non pretende altro merito se non di essere ascoltato. Enrico II Duca di Lorena fuggendo dallo sdegno di Enrico V Imperatore, si rifugiò in Spagna nell'anno 1086. Alcuni gli attribuiscono una parentela con Goffredo di Buglione [Suo zio, il famoso cavaliere franco che comandò, durante la Prima Crociata dal 1096 al 1099, la conquista di Gerusalemme contro i Mori, e che ne divenne il primo sovrano]. Enrico giunse alla corte di Alfonso VI Re di Castiglia e di Lione, dove in breve tempo mostro le sue doti e i grandi valori, tanto che meritò in sposa la figlia del re, Teresa, con in dote tutto il Regno di Portogallo, benché non abbia ricevuto altro titolo che quello di Conte, essendo la maggior parte del Portogallo in mano ai Saraceni. Nell'anno 1094 ebbe un figlio, che in memoria del suocero chiamò Alfonso. Enrico spirò nel 1112. Alfonso venne cresciuto fin da subito a stretto contatto con l'arte della guerra; dopo la morte del padre, ancora giovane, si impiegò volontariamente contro i Mori e i Lionesi, dove venne ammirato per valori e resistenza a così numerose guerre. Il Conte Trastamarense, disprezzando la gioventù del Principe, prese in moglie sua madre Teresa, con l'occasione di muovergli guerra, ma Alfonso dopo alcune battaglie lo fece prigioniero e distrusse il suo esercito. Il Conte, volendo poi la libertà e la pace, propose al giovane Principe la mano della sorella Uracca, con una parte di terre in dote che furono causa della guerra. Secondo alcuni però le nozze furono di natura diversa, probabilmente attuate per altre contese territoriali. Alfonso combattè anche diverse volte con il Re di Castiglia suo avo, in una battaglia nei pressi del castello di Arcos del Val de Vez [Secondo la tradizione una sfida cavalleresca degenerata in battaglia che coinvolse i due eserciti, nel 1140], che gli valse il titolo di Duca del Portogallo. Successivamente acquisì con numerose imprese Leiria [1142], Torre Nuova e molte altre piazzeforti occupate dai Saraceni. Re Ismauro, il più prestigioso tra i Maomettani, convocò altri quattro valorosi re con l'intento di assalire Alfonso e il suo esercito; ma con poca fortuna, giacché tutti furono vinti e fatti prigionieri. In memoria di tale impresa Alfonso pose, sull'insegna del Portogallo, cinque scudi con cinque punte bianche che simboleggiano le cinque piaghe del Signore, avute da lui in visione prima di scendere in battaglia. I suoi soldati, inorgogliti per questa vittoria, salutarono Alfonso col titolo di Re, che già arricchito di trionfi, proseguì in imprese sempre maggiori. Non senza fatiche conquistò Lisbona [ai Mori] dopo cinque mesi di assedio [nel 1147, insieme a numerosi crociati anglo-normanni, germani e fiamminghi diretti in Terra Santa, ai quali venne promesso il saccheggio della città], scrive il Loredan che secondo alcune fonti i morti in quella guerra furono un migliaio. Altre furono le imprese di conquista di Re Alfonso al di qua e al di là del Tago [Il fiume più esteso della penisola Iberica che la attraversa da est a ovest]: uccise, prosegue il Loredan, il Re di Lione e quello di Castiglia, ma venne ferito tanto da non poter più montare a cavallo nè comandare gli eserciti. All'età di 66 anni Alfonso riconobbe al figlio Sancho il comando, senza però perderne la sovraintendenza. Durante la vecchiaia, terminate le guerre, Alfonso si diede alla pietà coltivando la religione cristiana; eresse nel suo regno centocinquanta chiese e monasteri, senza dimenticare di arricchirli con massicce rendite. Tra gli altri istituì quello in Conimbria, dove ebbe origine la famosa Accademia Conimbricense; proprio in questo monastero, nominato Santa Croce, Alfonso morì a 91 anni il nono giorno di Dicembre del 1185, e vi rimase sepolto in una piccola tomba nell'angolo della chiesa, fino a quando Re Emmanuele, convinto della sua fama di santità, non gli fece costruire il sontuoso sepolcro che si ammira al presente. Loredan si appresta a concludere questa prima biografia, ricordando di Alfonso la mancata procreazione con Uracca, finché a 52 anni, dopo averne regnati sette, prese per moglie Mafalda [di Savoia] sorella di Amadeo Conte di Morenna [e d'Aosta]. Questa gli partorì numerosi figli: Enrico, il primo, morì in tenera età; Sancho, che succedette al padre nel regno; Uracca, che fu moglie di Ferdinando Re di Lione, ma le nozze si dissolsero per il volere del Pontefice; Teresa, benchè alcuni storici la chiamassero Matilde, che venne maritata con Filippo I Conte di Fiandra. Ebbe diversi figli naturali, tra gli altri uno nominato Alfonso che fu maestro dei Cavalieri di Rodi. Infine, Loredan riassume i grandi valori di Alfonso I spendendo parole di elogio: grande soldato, gran capitano, grande Re; in lui non risiedeva cosa che non ispirasse Maestà e che non indicasse grandezza d'animo. Libertà e Giustizia lo fecero temere ai nemici e adorare dai sudditi: egli lo annovera tra i più degni di quel secolo. Non intraprese guerra se non in nome della libertà dei suoi sudditi o per quella della fede Cristiana, ricorrendo a voti e preghiere perchè il Cielo proteggesse lui e il suo esercito in battaglia. Loredan scrive che morì tra le glorie dei suoi popoli e pianto persino dai Mori suoi nemici; colmo di trionfi, felice di una numerosa prole, stanco delle vanità mondane, andò a godere delle delizie celesti. Loredan chiude lo scritto con la formula di saluto e osservanza nei confronti del destinatario.
URL
http://www.archilet.it/Lettera.aspx?IdLettera=12007
Nomi
  • [Mittente] Loredan, Giovan Francesco
  • [Destinatario] Valier, Ottaviano

Data indicizzazione: 09 ottobre 2021